venerdì 12 dicembre 2008

Padre

Keith Jarrett - My Wild Irish Rose


Un giorno ricevetti da un amico richiesta d’aiuto. Una sua lontana parente, della quale non ricordava neppure l’esistenza, era morta lasciandogli in eredità un piccolo appartamento. Si trattava di visitare quelle stanze cercando di scovare qualcosa di valore, prima di vendere tutto il loro contenuto e le mura stesse.
Ricordo che erano veramente poche le cose per le quali valesse la pena quantomeno del trasporto, ma prendendo in mano un vecchio libro, cadde a terra una lettera manoscritta, senza firma né data, piegata in quattro, ingiallita dal tempo, con i bordi resi secchi e fragili dalla polvere, cosparsa di macchie color della ruggine, l’inchiostro blu di penna stilografica, steso con calligrafia ordinata e minuta, oramai quasi illeggibile da quanto era schiarito.
Ne rimasi colpito e chiesi al nuovo proprietario se potevo tenerla per me; quello acconsentì e potei quindi portarmela a casa.
Non credo di avere il diritto di commentarla e quindi la trascrivo integralmente.

“In fondo, finch'é restato in vita, ho sempre vagamente detestato mio padre.
La sua barba ispida quando lo baciavo al ritorno da un viaggio, l’acre odore delle Nazionali Esportazione che sempre aleggiava nell’abitacolo della sua auto con la cenere che gli si allungava fino a cadere inevitabilmente sul pavimento.
Certo pure l'amavo.
Ma ero anche, in modo leggero quasi inavvertibile, in qualche maniera invidioso delle sue capacità manuali che gli permettevano di eseguire con la determinazione dell'esperto qualunque lavoro anche mai fatto in vita sua, della sua intelligenza che gli dava la possibilità di affrontare qualsiasi problema senza preconcetti, della sua calma, della sua simpatia, della sua bravura nella pesca, nel trovare funghi, della sua filosofia del vivi e lascia vivere, della sua capacità di mediare ogni incomprensione.
Insomma, io che ho sempre desiderato essere indipendente, libero, che ho sempre detestato gli insegnanti, che ho sempre ambito ad essere scevro da ogni obbligo materiale e morale nei confronti di chicchessia, al suo cospetto mi son sempre sentito inferiore.
E per queste ragioni, nonostante gli ultimi anni della sua vita mi avesse invitato periodicamente ad andare a pesca con lui, avevo sempre declinato l'offerta per mancanza di tempo o perché avevo qualcosa di più importante da fare, in realtà per evitare un disagevole confronto e a volte addirittura infastidito dalla sua presenza.

Quando i medici ci avvertirono che gli restavano solo sei mesi di vita, il tutto mi apparve finalmente chiaro; allora si che avrei preso la canna da pesca e l'avrei accompagnato in capo al mondo, godendo della sua presenza, assaporando ogni sua parola, gustando senza remore l'amore non dichiarato che ci legava l'uno all'altro. Ma era troppo tardi.
Per lui la stagione delle trote e dei funghi era finita, per me era iniziata quella del rammarico.

Ed ora che son passati più di dodici anni, che vedo le cose in una prospettiva diversa, che mi rendo conto di quanto ho imparato da lui, che sono padre a mio volta di un ragazzo ormai uomo nel quale mi pare a volte di avvertire gli stessi sentimenti miei di allora, credo di aver capito che i figli sono sempre migliori dei padri, se non altro perché anche inconsapevolmente fanno tesoro delle esperienze dei loro genitori, perché a loro appaiono più evidenti i difetti dei più anziani e faranno di tutto per evitarli, per essere meno egoisti, più onesti, più giusti.
Quindi mio figlio non dovrà mai, per nessuna ragione, sentirsi inferiore a me; sappia che avrebbe torto in pieno.
Lui é migliore.”


15 commenti:

JANAS ha detto...

beh come non condividere in pieno, la riflessione di questa lettera!

ti riporto un pezzo di una lettera mai spedita che ho scritto a mio padre:

Padre cosa mi resterà di te?
il segno inequivocabile dei tuoi 23 cromosomi
nelle mie lunghe dita, nel mio naso, nel mio corpo?
Mi sono provata in quest'ordine sparso e casuale
a trovare una traccia di te!
Ieri ho rivisto la montagna insormontabile
senza il tuo aiuto!
la sfida che mi aiutasti a vincere ...non era che un colle scosceso
ora lo vedo
ma con quale orgoglio raggiungemmo insieme la cima!!!

Poi...
arrivò il tempo della crescita, della fuga
e della delusione, così ho distrutto l'immagine infantile e idilliaca che ti rappresentava
perchè potessi allontanarmi senza troppo dolore
e partire con più slancio verso una cima più alta
ma senza di te!
Ora che la maturità, ti riporta nella giusta collocazione: Uomo e Padre
ti perdono le distrazioni, quello che non capisti le volte che mi feristi,
quando il tempo era per altre cose, quando altre cose ti rubavano il tempo...
Perdonami le distrazioni, quello che non capii le volte che ti ferii, quando il tempo
per me era per altre cose... ora che altre cose ... mi rubano il tempo!

beyk happel ha detto...

Se sei ancora in tempo, mandagliela.
Per lui e per te.

JANAS ha detto...

troppo tardi...non potrebbe leggerla perchè nel frattempo è diventato cieco!
ma credo che da allora (1995) abbia iniziato a trasformare quelle parole, con azioni concrete!
Penso che per altre vie e con altri modi, sia riuscita a fargli avere comunque il messaggio!!
potrei leggergliela, certo...ma mi sembra ormai fuori tempo!
Di fatto quello che auspicavo alla fine della lettera credo sia già avvenuto!
Tutti i giorni mi chiama per telefono e la sua prima frase è: Ti disturbo, stai facendo qualcosa d'importante?

Haemo Royd ha detto...

Beyk: chapeau!
Ho sempre detestato i nobili per nascita ma mi sono sempre inchinato di fronte ai nobili per animo e per scienza, leggerti è un onore.

enne ha detto...

Anch'io ho scritto una lettera per mio padre, ma so che non gliela spedirò mai: non capirebbe.
Notte Beyk.

enne ha detto...

O forse sì, ma in questo caso ci resterebbe molto male, e ha 88 anni. Forse non è il caso.

beyk happel ha detto...

Janas, l'importante è che abbia capito.

Haemo, così m'imporporo!

Bis, tutto sommato è una lettera indirizzata più al figlio che al padre.

Pellescura ha detto...

quanta verità...

Jean du Yacht ha detto...

"Figlio" come titolo mi sembra più appropriato.
e mi piacerebbe rinascere figlio di mio figlio.

beyk happel ha detto...

Lui che ne pensa?

Uah uah uah uah!!!

JANAS ha detto...

sarebbe la massima vendetta dei padri sui figli!!
ehehhe ti ci vedo Jean:

...impiastricciare i muri appena tinteggiati, con la scritta: ti voglio bene papà!!

....portare a casa la macchina con qualche graffio e dire: è stato il gatto!!

...finire la nutella e con uno sorriso nutelloso e dire: non sono stato io!!

..cantare dragon ball, fino a vedere tua madre pronta a gettarsi dalla finestra...

...indossare pantaloni con le brache calate...che non si sa mai...certe urgenze...!
potrei continuare...ma vi grazio!!

JANAS ha detto...

ehi c'è qualcuno? qui mi sento sola come una particella di sodio abbandonata!
...qualcuno ha visto Al?

Pipoca ha detto...

o.t.: ho corretto il Restyling, hai ragione. ora rifinisce e rende meglio il concetto.

beyk happel ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
beyk happel ha detto...

Pietro, benvenuto e complimenti per il tuo blog.

Janas, non ti sodiare!
Guarda che ai nostri tempi non usavano le brache calate.
Comunque, se ci grazi ti rin-grazio. ;)

Pipoca (errai: è Haemo che ti chiama Pip, non Jean), hai concettualmente quadrato il cerchio.


Ps/ ho capito cos'è il piccolo bidone...

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